Nel mondo del lavoro, i confini tra le diverse voci retributive possono essere sottili ma determinanti.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 24902 del 9 settembre 2025) ha chiarito un punto cruciale: il compenso per lavoro straordinario forfettizzato, se erogato in modo costante e indipendente dalle ore effettivamente svolte, si trasforma in superminimo individuale.
Una decisione che incide direttamente sulla gestione delle buste paga e sulla libertà del datore di lavoro di modificare gli elementi retributivi.
La vicenda giudiziaria
Il caso nasce da un lavoratore che, per molti anni, aveva percepito una somma fissa mensile a titolo di forfettizzazione dello straordinario.
Con il tempo, tuttavia, tale importo era stato corrisposto regolarmente, anche in assenza di ore aggiuntive effettivamente prestate.
Il Tribunale e successivamente la Corte d’Appello di Palermo hanno riconosciuto che quella somma non poteva più essere considerata un compenso per straordinario, ma doveva assumere la natura di superminimo individuale, ovvero una componente stabile della retribuzione non modificabile unilateralmente dal datore di lavoro.
Il datore, condannato a ripristinare il trattamento economico e restituire le somme trattenute, ha proposto ricorso in Cassazione.
Il ricorso del datore di lavoro
Nel suo ricorso, l’azienda sosteneva che i giudici avessero travisato la natura dell’emolumento, andando oltre la richiesta del lavoratore (c.d. extrapetizione).
Secondo il datore, l’importo doveva considerarsi un compenso per straordinario non dovuto, e non un superminimo consolidato.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ribadendo due principi fondamentali:
1. Nessuna extrapetizione: i giudici si sono limitati a interpretare correttamente la domanda del lavoratore, individuando la reale natura giuridica dell’emolumento.
2. Trasformazione del compenso: quando un compenso per straordinario viene corrisposto per lungo tempo e senza collegamento con prestazioni effettive, esso perde la sua funzione originaria e diventa superminimo individuale.
In altre parole, l’erogazione continuativa e costante nel tempo consolida l’importo come parte fissa della retribuzione, che non può essere ridotta o eliminata unilateralmente dal datore.
Il principio affermato dalla Corte
La Cassazione ha confermato un orientamento già espresso in precedenti pronunce:
“Un compenso per lavoro straordinario, se riconosciuto in modo costante e indipendente dall’effettivo svolgimento di ore aggiuntive, assume la natura di superminimo individuale e non può più essere modificato o revocato dal datore di lavoro.”
Il datore è stato quindi condannato alla restituzione delle somme indebitamente trattenute e al pagamento delle spese legali.
Cosa significa per le imprese
Questa decisione impatta direttamente sulla gestione delle politiche retributive aziendali.
Molte aziende, infatti, prevedono importi forfettari per compensare lo straordinario, ma se tali somme diventano costanti e scollegate dalle ore effettive, possono consolidarsi come elementi fissi di retribuzione.
👉🏻 Il rischio?
Ridurre o eliminare unilateralmente tali importi può essere considerato illegittimo, con conseguenze economiche e giudiziarie per l’azienda.
Conclusione
La sentenza n. 24902/2025 della Cassazione segna un punto fermo:
quando un compenso per straordinario diventa abituale, si consolida come superminimo individuale, tutelato a tutti gli effetti come parte stabile della retribuzione.
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