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Licenziamenti: cade il tetto massimo al risarcimento

Novità importante per gli imprenditori

Con la sentenza n. 118/2025, la Corte Costituzionale ha stabilito un principio destinato ad avere un impatto significativo per chi guida una piccola impresa: non è più affidabile il limite massimo di sei mensilità previsto dal Jobs Act come indennizzo nei casi di licenziamento illegittimo.
Una pronuncia che impone a ogni imprenditore una riflessione più attenta prima di procedere con la cessazione di un rapporto di lavoro.

Perché questa sentenza cambia le regole del gioco

Fino ad oggi, le imprese di dimensioni ridotte – quelle con meno di 15 dipendenti per unità produttiva o Comune, o meno di 60 complessivi – avevano una tutela economica ben definita in caso di licenziamento irregolare. Il massimale era chiaro e contenuto: sei mensilità.
Ora, non ci si può più affidare con certezza a quel limite. Questo significa che, in presenza di un vizio nel licenziamento, sarà il giudice a stabilire l’ammontare dell’indennità, in funzione di diversi fattori: la gravità della condotta, l’anzianità del dipendente, la capacità economica dell’azienda e altri elementi di valutazione.

Si tratta di un vero cambio di mentalità: l’imprenditore deve affrontare ogni recesso con consapevolezza, preparazione e strategia.


A chi si applica la sentenza

La pronuncia si rivolge a tutte quelle realtà imprenditoriali che non raggiungono le soglie dimensionali previste dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Parliamo, quindi, della maggioranza delle imprese italiane, spesso a conduzione familiare o con strutture snelle.
In queste imprese, la gestione del personale è già di per sé una sfida, e l’idea che esistesse un tetto fisso rendeva i rischi più calcolabili. Oggi non è più così.

Perché la Corte ha eliminato il tetto?

Secondo la Corte Costituzionale, un’indennità predefinita, indipendentemente dalla gravità del licenziamento, compromette diversi principi fondamentali:
non consente una valutazione equa del danno subito dal lavoratore, non permette di dissuadere comportamenti scorretti da parte del datore di lavoro e, infine, crea una disparità di trattamento rispetto alle imprese più grandi.

Ma c’è di più: secondo la Corte, il numero di dipendenti non è sempre indice affidabile della reale forza economica di un’azienda. Due imprese con la stessa dimensione anagrafica possono avere solidità finanziarie e capacità organizzative profondamente diverse. Questo spinge verso una tutela più personalizzata e meno rigida.


Le implicazioni per l’imprenditore

In termini concreti, cosa cambia?
Ogni imprenditore deve oggi affrontare i licenziamenti con maggiore prudenza e preparazione. Non è più possibile affidarsi a limiti prestabiliti per valutare i costi potenziali di un errore formale o sostanziale. Le decisioni che riguardano il personale – specie se comportano l’interruzione del rapporto – devono essere valutate caso per caso, anche con il supporto di consulenti esperti.

La corretta impostazione delle contestazioni, la tracciabilità dei fatti contestati, il rispetto delle procedure previste dalla legge diventano elementi imprescindibili per evitare sanzioni pesanti. Per vizi procedurali o per l’assenza di giustificato motivo, il risarcimento sarà deciso dal giudice in base a numerosi elementi, come l’anzianità di servizio, le condizioni economiche dell’impresa e la condotta del datore di lavoro.

La nostra raccomandazione agli imprenditori

Oggi più che mai, non è possibile improvvisare nella gestione dei rapporti di lavoro.
Anche le micro e piccole imprese devono dotarsi di strumenti adeguati, definire procedure interne chiare e farsi affiancare da professionisti esperti.
Un licenziamento gestito male può trasformarsi in una causa lunga, costosa e dannosa per l’immagine aziendale.


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Ogni giorno lavoriamo per prevenire i rischi, proteggere l’attività e semplificare le decisioni complesse.



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Foto di Sora Shimazaki

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